Rapina aggravata e condanna inferiore ai tre anni di pena? Sì agli arresti domiciliari.
- StudioLegaleVerno
- 4 ott 2021
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In tema di misure cautelari personali, la Seconda sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 32593, pronunciata in data 8 luglio 2021, ha affermato il principio di diritto secondo cui, in base all’interpretazione letterale del combinato disposto degli artt. 275-bis cod. proc. pen. e 4-bis ord. pen., il limite di tre anni di pena detentiva per l’applicazione ed il mantenimento della custodia cautelare in carcere opera anche nei procedimenti per rapina aggravata, benché rientrante nel catalogo dei reati ostativi, qualora non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva; il relativo onere della prova grava sull’istante, trattandosi di un fatto positivo a vantaggio del condannato, ma l’insussistenza di detti collegamenti può essere implicitamente dedotta dalle modalità della condotta o dalla personalità degli autori.
Ribadito che secondo la più recente interpretazione della Corte di Cassazione non può essere mantenuta la custodia in carcere quando sia irrogata una pena inferiore a tre anni di reclusione, la Corte si è soffermata ad analizzare la condizione negativa contenuta nella stessa disposizione di cui all'art. 275 comma 2 bis cod. proc. pen., ove è previsto che “... Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l'applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis, 612-ter e 624-bis del codice penale, nonché all'articolo 4-bis della legge 261uglio 1975, n. 354, e successive modificazioni”.
Ora considerando che la norma richiama i delitti di cui all'art. 4 bis dell'ordinamento penitenziario, è a tale disposizione che la Corte ha fatto riferimento al fine di affermare che, in tema di benefici penitenziari e misure cautelari più gradate per i soggetti condannati per il delitto di rapina aggravata, gli stessi possono essere concessi purché non sussistano elementi per affermare il collegamento con il crimine organizzato. Il suddetto art. 4 bis al comma l ter testualmente recita: "1-ter. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, purché non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies, 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale …".
In base alla stessa interpretazione letterale del combinato disposto delle due norme (art. 275 comma 2 bis cod.proc.pen. e 4 bis ord. pen.), il divieto di applicazione e mantenimento della custodia cautelare in carcere opera quindi per la rapina aggravata ove sia intervenuta condanna inferiore a tre anni e quando non vi siano elementi tali da fare ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
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