Il Diritto all’Oblio: Quando la Memoria Digitale Deve Essere Cancellata
- StudioLegaleVerno
- 23 mag
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Viviamo in un’epoca in cui la memoria digitale ha una persistenza superiore a quella umana. Una notizia, un commento, una sentenza anche risalente a decenni fa può oggi continuare a essere indicizzata dai motori di ricerca, influenzando la vita sociale e professionale di chi ne è oggetto. Il diritto all’oblio nasce come risposta giuridica a questa nuova esigenza: tutelare l’individuo dall’eterna permanenza di dati e notizie non più attuali o rilevanti.
1. Il Fondamento Normativo
Il diritto all’oblio non trova una collocazione esplicita nel codice civile o penale italiano, ma deriva da una combinazione di norme:
Art. 17 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) – "Diritto alla cancellazione (‘diritto all’oblio’)", che consente agli interessati di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali in determinate circostanze;
Art. 8 della CEDU, che tutela la vita privata e familiare;
La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che nel 2014 ha riconosciuto per la prima volta il diritto all’oblio nel caso Google Spain.
In Italia, la giurisprudenza ha ampliato l’ambito di applicazione di questo diritto, riconoscendone la validità anche in ambito giornalistico e giudiziario, a condizione che siano trascorsi “tempi congrui” e non vi sia un interesse pubblico attuale alla permanenza della notizia.
2. Diritto all’Informazione vs. Diritto all’Oblio
Il principale nodo giuridico riguarda il bilanciamento tra:
Il diritto all’informazione (art. 21 Cost.)
Il diritto alla riservatezza e alla reputazione (art. 2 e 8 CEDU)
Quando una notizia è vera ma datata e non più di pubblico interesse, il soggetto può richiedere che essa venga deindicizzata dai motori di ricerca (ossia resa non più accessibile tramite nome e cognome), pur restando disponibile sulla fonte originaria.
La Cassazione civile, con la sentenza n. 9147/2020, ha stabilito che “il diritto all'oblio può prevalere sull'interesse pubblico, quando l’informazione non sia più attuale e la sua permanenza danneggi la dignità della persona”.
3. Casi Tipici di Applicazione
Reati estinti o prescritti: soggetti condannati che hanno già scontato la pena possono chiedere la deindicizzazione di articoli che riportano il fatto.
Professionisti colpiti da campagne mediatiche: ex indagati o assolti che subiscono danni reputazionali persistenti.
Errori giudiziari: soggetti vittime di accuse poi archiviate, ma ancora presenti online.
4. Strumenti Giuridici a Tutela
Chi intende far valere il proprio diritto all’oblio ha a disposizione diversi strumenti:
Richiesta formale al motore di ricerca: ad esempio, tramite il modulo dedicato di Google;
Segnalazione al Garante per la protezione dei dati personali, in caso di diniego o inerzia;
Azione giudiziaria ex art. 152 del Codice Privacy, per ottenere una decisione vincolante;
Diffida alle testate giornalistiche, per richiedere l’anonimizzazione o aggiornamento del contenuto.
In casi gravi, è possibile ricorrere a un procedimento d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c.
5. La Prospettiva Giuridica: Diritto Dinamico, Non Assoluto
Il diritto all’oblio non è illimitato: non si applica quando la notizia ha ancora rilevanza pubblica (ad es. soggetti pubblici o casi giudiziari emblematici). Il giudice deve valutare:
Il tempo trascorso dai fatti;
L’attualità dell’interesse collettivo;
La proporzionalità del danno alla persona rispetto al beneficio informativo.
Conclusione
Il diritto all’oblio rappresenta uno degli snodi più delicati del diritto dell’informazione nel XXI secolo. La tutela della reputazione e della dignità non può essere sacrificata in nome di un’archiviazione digitale permanente e indifferenziata. Presso lo Studio Legale Verno, offriamo assistenza legale per avviare richieste formali, azioni giudiziarie o trattative con le testate coinvolte. In un’epoca in cui ogni traccia lascia un’impronta indelebile, il diritto all’oblio è uno strumento essenziale per la rigenerazione sociale e professionale dell’individuo.
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